Dove eravamo rimasti? La mattina di #HowCopy13 di Milano era finita. Fuggo per la pausa pranzo: punta con un pop-copy in un baretto, per fondare le radici di una prossima rivoluzione culturale (ma questa è un’altra storia).
Veloce carrellata del pomeriggio. Nell’aria una tangibile spossatezza da parte dei partecipanti, in trepida attesa per il P maiuscolo Barbella.
Mi sono accorta di avere saltato a piè pari Mauro Mongarli, copywriter freelance. Un paio di insider mi dicono: lezione tosta, a volte incomprensibile, forse in conclusione un accenno all’importanza fondamentale del “fattore C”. Mi fido e concordo.
Ehi, ecco sul palco una donna! Marina Cattaneo, di 45Gradi, porta una ventata di intelligenza emotiva: scrivere fa bene al cuore. Interessiamoci sinceramente alla marca, amiamola incondizionatamente e solo così, gli altri l’ameranno. Un buon consiglio, non sempre applicabile, credo.
Mi accorgo che tutti sanno che Barbella non verrà. Ci rimango di stucco. Echeppalle! Dopo la delusione ancora fresca di Lombardi, questa non la reggo. Non per Barbella, che con un messaggio ci comunicava una indisponibilità fisica del tutto giustificabile, ma perché nell’acceso dibattito pre-evento sui social, in merito ai giusti o non giusti 70 euro di iscrizione, molti dicevano “non per altro, ma per Barbella 70 euro li tiro fuori”. Lo si sapeva da domenica (ha detto pasquale minore). Potevi farlo sapere (dico io), poi ognuno si regolava.
Per fortuna che c’era Francesco Roccaforte! Mi ha rimarginato la ferita a suon di “atomo del cuore di mamma” dei Pink Floyd, suonati su un vero giradischi! Sarà la mia anima pop, sarà che sono sicura che nella vita ci vuole orecchio ma lo show di Francesco è stato un toccasana per la mia anima. E poi, finalmente qualcuno che usa gli spot radio per dire, anzi per far sentire, qualcosa di interessante! (n.d.r. nessun punto esclamativo è stato maltrattato in queste quattro righe). Look impeccabile e messaggio chiaro: la scrittura se deve da vedè. Voto 10 e lode.
Per me poteva finire lì. Anche se va detto che, subito dopo, Jack Blanga, di Meloria, ha fatto buone riflessioni e un po’ di chiarezza in merito al ruolo della scrittura sui social. Niente di strano: anche lì, sul web, ci vuole un brief alla base, una strategia media, degli obiettivi un messaggio, un tono di com… insomma: le solite cose, ci mancherebbe.
Infine, a metà dell’intervento di Sergio Spaccavento di BCube, il richiamo del frecciarossa ha spalancato le porte alla libertà. Mi è dispiaciuto perché si parlava di umorismo, una roba difficile e pericolosa, se usata male. Ma, ahimé, ho dovuto abbandonare lo wow-effect, con tutti i suoi misteri, in quella saletta al primo piano della TP di Milano. Mi sono persa anche Sergio Rodriguez di JWT e il dibattito: peggio per me.
Allora mi sfogo qui. Bene, bella giornata, quanti copy, che belle intenzioni.. Invece no. Io non mi accontento. Credo non sia più tempo di lezioni ex-cathedra (e non spacciamole per Ted’s talks, che sono un’altra cosa). Bastava un giro di microfono su noi partecipanti: una mezz’ora spesa bene a capire che copy eravamo e perché eravamo lì: due domande secche per due brevi risposte. Questo avrebbe rotto il ghiaccio e innescato più dialogo, più scambio… e invece… Alla faccia di cogliere il tempo in cui viviamo e lavoriamo! E poi troppa roba: alla fine non ce la faceva più nessuno. Quindi: meno quantità, più qualità! Avrei dovuto accontentarmi? Non credo che ci si debba accontentare, tantomeno un copywriter, men che meno di questi tempi. Non ce l’ho con Sara, è giovane e crescerà. Ce l’ho con Pasquale che quando vuole sa fare bene le cose. E adesso crocifiggetemi. Non sarebbe la prima volta.
