Gran finale. L’ultimo giorno sviluppa in grande stile il tema portante del festival, che non è “arrabbattarsi con stile” ma “creative bravery”, anche se i punti di contatto tra i due concetti alla fine sono molteplici. Almeno tre volte si cita l’esempio del manager della Decca Records che respinse i Beatles: come dire che le grandi idee il più delle volte al principio paiono folli. Anche se a volte scelte poco avvedute possono risultare controproducenti: basti pensare al nome del ristorante del Cinema São Jorge, sede dell’evento.
La mattina scorre senza troppe emozioni, ma risolve il mistero del gorilla batterista: si tratta di un commercial di Cadbury del 2007.
Il pomeriggio finalmente si rivela denso di innovazione: merito in primis di Media Monks che organizza una presentazione interattiva su due schermi: quello classico alle spalle dei relatori, e lo smartphone di ogni partecipante, con contenuti extra di vario genere.
Una strada sicuramente da sviluppare. L’animale del giorno è di nuovo un cane: uno dei Driving Dogs di Mini. Dicevamo della follia, no?
La penultima sessione, ad opera di Zenith Optimedia, è forse quella chiave, perché si addentra là dove tutti si trincerano dietro al rassicurante “We have no idea”: il futuro. Con la giusta dose di azzardo, la presentazione propone sei grandi trend di consumo per i prossimi 25 anni.
L’i-Street è la strada del futuro, dove si va nei negozi di stampa 3D per avere un duplicato della chiave dell’auto o di un pezzo guasto di un giocattolo.
I mercati in espansione non riguardano l’Europa, esclusa la solita Londra: in evidenza i già noti BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) e in subordine i CIVETS (Colombia, Indonesia, Vietnam, Egitto, Turchia e Sudafrica), questi ultimi ancora una scommessa.
Il consumo collettivo e responsabile prevede l’enfatizzarsi di diversi fenomeni già in atto (sostenibilità, alimentazione consapevole, km zero) in modo più organico e organizzato.
Il concetto di Social Cooperative vede poi i consumatori al centro del business model, con il brand nel ruolo di collaboratore, non più di fornitore.
L’internet delle cose è il concetto forse più affascinante: ogni oggetto è in rete, comunica con gli altri e anticipa i problemi prima che si verifichino: i supermercati forniranno gratuitamente ai clienti un frigo che ordina in automatico i nuovi prodotti prima che si esauriscano. All’estremo del fantascientifico c’è la pillola della salute, in grado di prevenire i malesseri prima che si verifichino. È la fine dell’imprevisto, della serendipità.
Infine, la democratizzazione della creazione di contenuti: fenomeno già in atto, lascia intendere che in futuro brand e consumatori collaboreranno in modo sempre più stretto.
L’ultimo seminario è dell’artista gallese Pure Evil, di cui con la consueta nonchalance riesco ad arraffare una delle opere gentilmente donate al pubblico, perfettamente a misura di trolley.
Finalmente, arriva il momento dei premi. Prima una doverosa standing ovation per Nelson Mandela.
L’Italia porta a casa un paio di ori in radio e PR, niente male, anche se il dominio tedesco e scandinavo è sempre schiacciante. Presidente della giuria principale è Andrea Stillacci, che sostituisce il defezionario David Lubars.
Qui ho raccolto una selezione assolutamente arbitraria di lavori premiati.
Daily Abuse
Second Life Apps
Scorecleaner Notes
Gap In The Market
Facebook 1914
Vodafone Digital Library
Seven Days Of Rain In Barcelona
La lista completa la trovate qui.
All’uscita dalla premiazione c’erano due file. Una era quella dei pubblicitari che salivano sui pullman che li portavano in discoteca. L’altra era quella dei poveri di Lisbona che attendevano un pasto caldo dai volontari.
Io sono andato a dormire.