Errore umano.

Errore umano… o errare umano?

Fra un uomo e una donna a volte scocca una scintilla.
A volte è come quelle delle candele che bruciano carburante e fanno andare i motori.
Altre volte è come quella che accende un fiammifero e rischiara la notte.
Meno spesso è una scintille maledetta, nata per un cortocircuito e destinata a scatenare incendi.
Fra me e Gila poteva solo fare disastri.

Side A

Lunedì mattina, ore 9.00.
Progress meeting nella Panic room, come ogni inizio di settimana.
A dispetto del nome, non è una camera blindata assolutamente impermeabile alle aggressioni esterne. La Panic room è soltanto la saletta riunioni dove, oltre al tavolo e alle sedie, c’è la brandina di Panic, il cane dell’agenzia.
Panic è un Rottweiler di 65 chili, tutto muscoli e mascelle. In teoria dovrebbe occuparsi del recupero crediti ma con quello che l’agenzia spende in palline di gomma per tenerlo tranquillo ci costa più di uno stipendio regolare (che nessuno di noi percepisce).

Ci siamo tutti, tranne Pippo che ha il ritardo nel DNA e Gila che il lunedì ha il fuso orario sul giro di locali della domenica sera. Quando arrivano, Panic dimentica la pallina, sbava su Pippo, sbava su Gila, salta sul tavolo, fa tre giri su stesso slittando sul cristallo e si butta fra le braccia di Mino, il big boss.
Mino Solenne assomiglia al suo cane. Fra i due ci sono poche differenze: Mino pesa circa 120 kg ma non sono muscoli, Mino non divora palline di gomme, Panic si crede un cagnetto mentre Mino si crede il nuovo Jackson Pollock. Entrambi ringhiano e sbavano.

Ristabilito l’ordine e data una nuova pallina a Panic, si parla di lavoro. Si assegnano i compiti per la settimana, si fissa una riunione nel pomeriggio per confrontare le idee per un ad sull’aceto balsamico. Ci sbrighiamo perché abbiamo un incontro con un cliente in mattinata.

Le proposte sono pronte, belle attaccate sul cartoncino, il rational ordinato, punto per punto. Manca solo la relazione per il cliente col survey e la strategia di comunicazione.
Questa volta l’ha scritta Mino perché io ero impegnato in altre cose. Venerdì ho chiesto a Gila di editarla perché non mi fido molto dell’Italiano di Mino. Non è che Gila sia una maga della lingua ma ha pur sempre una laurea.
Gila è una stagista. Cosa faccia in agenzia non l’ho ancora capito. Non si occupa di grafica, non produce idee, non scrive un titolo e tanto meno un testo.
Però so che suo padre è uno di quelli che ci permette di pagare l’affitto e qualche altra spesa e so anche che quando vengono i clienti nell’ufficio di Mino, lei sfodera tutto il suo charme da minigonna ascellare e finge di prendere appunti. Mino l’adora, i clienti l’adorano, Pippo la venera, Antò si associa a Panic nello sbavarle dietro.
Io, per quanto Gila sia dotata di un trittico CTL (Culo-Tette-Labbra) di tutto rispetto, non la sopporto. Come non sopporto tutti i cialtroni.
Gila passa le sue giornate in ufficio chattando e ascoltando musica. Ogni tanto si alza dalla sedia e fa la sua sfilata sui tacchi da brivido ancheggiando fra la stanza dei creativi, l’ufficio di Mino e l’amministrazione. Mentre cammina canta the girl of Ipanema sillabando du-du-du du-duddu da- da-da. Perché lei è per metà Brasiliana e ci tiene a farlo sapere a tutti.
Quando fa il suo spettacolino, Mino rotea gli occhi, a Pippo viene il torcicollo, Piero il contabile collassa, Antò suda. Io me ne frego. La guardo senza scompormi e le porgo un foglietto su cui scrivo cose come “Sarebbe carino che fingessi di lavorare” oppure “attenta a non sbatterti troppo: potresti spezzarti un’ unghia”. Gila non risponde mai . So che mi odia. E so che non ama nemmeno Panic perché le rovina il trucco con le sue effusioni.

Guardo la relazione per il cliente. È piena di frasi senza senso. Chiamo Gila in disparte e le chiedo spiegazioni. Lei, senza scomporsi, sbatte le ciglia e risponde col suo strano accento – Guarda che l’ho fatta passare tuta al corettore di Word. Se non siete capadj di fare il vostrj lavvoro non prendertela con me-
Dovrei urlare ma in mente ripeto un mantra -I’m an English man in Naples. So, I don’t scream – conto fino a 15 e poi le dico con tutta la finta calma di cui sono capace – Gila, tu lo sai che il correttore automatico non vede l’errore umano, vero? Lo sai che corregge la grammatica ma non la sintassi, vero? Ecco, fai una cosa buona per te stessa: cerca di non mettere più piede in questa cazzo di agenzia, di’ a tuo padre che vuoi fare qualcos’altro nella vita. Poi evita di fare qualunque altra cosa. Trovati un uomo ricco, sposatelo e campa tranquillamente a Ipanema o dove cazzo ti pare, ma porta il tuo errare umano sculettando senza senso lontano da qui.-
Me ne vado nella Panic room, do un paio di cazzotti in testa a Panic che gradisce e mi addenta un polpaccio senza farmi male. È solo il suo modo bestiale di giocare.
Riscrivo in fretta e furia la relazione, la stampo e sono pronto.

Mino mi chiama per andare dal cliente. Gila non viene con noi. Il cliente è una specie di bigotto e ci manca solo che ci prenda per un’agenzia di escort. Poi stamattina la deficiente si è vestita come se dovesse andare a battere. Dico a Mino che ci vediamo al cancello perché ho lasciato le sigarette nel cassettino dello scooter. Ho bisogno di camminare per qualche metro.

Sulla discesa che porta all’uscita vedo la Smart di Gila che accelera. È troppo veloce. E io sono troppo spaventato per schivarla. L’ultima cosa che noto è la sua faccia. Sembra spaventata. Avrà capito cos’è l’errore umano?

Side B

Cajo, otro retardj.
La Smart non partiva. Per fortuna c’era il vicino del terso piano, quello tanto gentile. Ha fatto qualcosa con due cavi. Gli ho dato un bascio ed è felisce.
Da quando papà mi ha tagliato i viveri devo fare la cameriera di sera e la mattina sono uno strascio.

9.50
Trovo Pippo sulla porta. Ha le palpebre da Cocker. È in piedi ma dorme come uno sciombi.
Entriamo. Panic mi corre incontro, sbava. Fa casino.
Panic è il cane dell’agenzia. Vive qui in sala riunioni. È un cane merdojo che manda in giro scialiva, salta addoscio e morje. È uguale al padrone, solo un po’ meno grascio.
Cajo, devo avere una tetta che sporge dalla camija perché me la guardano tutti.
Sorrido ma penso a svegliarmi.
C’è anche lo stronsjo. Quelo non manca mai.
Dovrei esjere la sua stageuse ma finge di non notarmi. Secondo me è un gay represcio.
Gli ho chiesto qualche volta di fare qualcosa, Gliel’ ho chiesto in modo jentìl’, ma lui mi ignora. Forse pensa che io sia defisciente.
Mi chiede quella cajjio di relascione. Gliela do come se foscie la coja più presciosa che ho.
La guarda e mi chiede che cajo ho combinato. Discie che è piena di fraj sensa senso. Spara qualcosa a propojto dell’errore umano.
Gli dico che l’ho fatta passare tuta col corettore di Word e che se non è capaj di fare il suo lavvoro non deve prendersela con me.
Mi guarda fijo per qualche momento poi viene fuori con un cajatone che capisco fino a un certo punto. Parla di errore umano, di errare umano, mi umilia.
…Non l’ascolto più. Per oji ho finito. Vado da Mino che mi capisce e gli dico che non mi sento bene . Vado via. Sento che mi guarda. Lo fa sempre quando sono girata.

Mi ha fatto incajare quelo stronsjo.
Se penso che oji ho messo le mie scarpe preferite, quelle col tacco 13, il lascetto doppio e il diamantinho sulla fibbia…
Salgo sulla Smart, ascendo. Meno male che è partita.
Guardalo là quelo stronsjo, fa il guardiano di sto cajo davanti al canscello.
Prima o poi quel gay merdojo qualcuno lo fa fuori.
Ma cajo, perché ascelera così?
Oh Jesùs, si è rotto il tacco…Si è incastrata la scarpa.
– Cajo, non guardarmi così, non voglio ammasciarti sul serio.-
È solo un errore umano.

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