Impressionanti serpenti di lamiera che si allungano per chilometri, si incrociano e si sovrastano, inanellando le loro spire in un dedalo pauroso, impossibile da sconfiggere per chiunque se lo trovi davanti per la prima volta, causando rabbia, nervosismo, isterismo, esaurimento nervoso, depressione, contemporaneamente o anche in ordine sparso.
Questa è una sommaria descrizione del traffico di Roma. Ma rispettiamo la cronologia degli eventi.
Marco e io, lasciata la prole alle amorevoli cure della nonna, giungiamo nella capitale un giovedì sera tra le 9 e mezza e le 10. Il traffico a quell’ora non c’è. I romani si sono finalmente placati, hanno parcheggiato tutto il parcheggiabile e sono ermeticamente chiusi nelle loro case.
Imbocchiamo quindi il famoso raccordo anulare, prendiamo la nostra uscita e ci troviamo subito in un susseguirsi di rotonde spuntate dal nulla, della cui esistenza il nostro navigatore appare assolutamente ignaro. Noi però abbiamo il dono della vista (più o meno) e conserviamo ancora la capacità di leggere i cartelli stradali.
Ovviamente ci perdiamo – o crediamo di perderci – dopo 5 minuti. Il navigatore continua a sostenere che raggiungeremo il punto di arrivo nei prossimi 2 minuti. È un navigatore ottimista. Marco controlla il livello della benzina sul cruscotto e mi tranquillizza: “Non ti preoccupare, se dovessimo perderci abbiamo ancora 454 km di autonomia.” C’è ancora speranza.
La nostra dipendenza dalla tecnologia è avvilente.
L’hotel di design a Roma
Finalmente arriviamo al nostro Hotel (di cui booking.com mi chiede la solita recensione). Arrivati lì ci si pone il problema del parcheggio. Marco si ferma in zona rimozione, io entro e chiedo se ne hanno uno. “Sì, laggiù di fronte, dove c’è l’insegna luminosa PARCHEGGIO. È convenzionato.” Anticipo subito che “convenzionato” significa che lasciare l’auto lì per una notte ci costa 18 euro anziché 20, un affare.
L’hotel è un hotel “di design”. Non saprei come estrinsecare oltre questo concetto, perché l’hotel tu lo vedi e pensi che è proprio “di design”. Ora non so se tutti gli alberghi di Roma sono così curati nei dettagli. Questo ha la hall fucsia e grigio scuro e un bancone bianco che avvolge la reception in spire di… diii… di design!
La camera è piccola ma molto accogliente, sui molteplici toni del beige tortora e del grigio topo. Sul letto alla francese c’è un copriletto zebrato corto che riprende i motivi in bianco e nero della
moquette e della sedia, tutti completamente diversi tra loro ma che incredibilmente non stonano.
In bagno ci sono un lavandino di design, un bidet di design, un gabinetto di design e una doccia con lo scarico otturato. Ci si deve fare una doccia rapida, altrimenti l’acqua straborda e si allaga tutto il bagno. Anche bagno schiuma e shampoo sono ovviamente di design, tutti in bella mostra nei loro campioncini sofisticati. Si aggiungono la cuffietta per la doccia in un’apposita confezione, una piccola spazzola lustrascarpe, sempre confezionata, e una praticissima saponetta cubica.
Noi però ci accertiamo che l’unica cosa per cui abbiamo prenotato quell’hotel funzioni: il wi-fi.
Il traffico, sempre a Roma
Dopo una notte terrificante durante la quale nell’hotel di design faceva un caldo infernale, io e Marco, in una splendida giornata di anticipo di primavera, ci intrufoliamo a Roma. Avendo impegni diversi però ci dividiamo. Lui prende la macchina facendosi derubare dal parcheggio “convenzionato” e va alla sua destinazione, io scelgo i mezzi pubblici per addentrarmi nella città.
Grazie all’Atac, che si è immaterializzata in un perfetto esempio di sito web che ti dice per filo e per segno come arrivare nel posto dove devi arrivare, so esattamente cosa fare. Al contrario di Napoli, a Roma autobus e tram passano e passano spesso. E soprattutto passano sul serio! Perdo il primo 90 ma magicamente in meno di 5 minuti me ne ritrovo davanti subito un altro.
Tra tram e metropolitana mi ci vuole esattamente un’ora per arrivare dall’altra parte di questa città immensa e fare tutto quello che devo fare, dopodiché chiamo Marco, che più o meno contemporaneamente ha terminato i suoi appuntamenti. Marco è fuori Roma e non gli va di aspettare da solo l’altra ora che almeno mi occorre per raggiungerlo con i mezzi di trasporto. Decide allora di affidarsi al navigatore satellitare Garmin, in cui lui ripone la stessa fede religiosa dei pellegrini che vanno a Lourdes.
“Il navigatore dice che ci vuole solo una mezz’oretta per raggiungerti [al centro di Roma, ndr]. Adesso ti vengo a prendere.” Ora, Marco rappresenta la calma, la pazienza e la temperanza personificate. Gandhi in confronto a lui era un nevrotico. Ed è con questo stato d’animo che parte per l’odissea.
Garmin: “Prosegui – per – 500 – metri”
Marco: “Prosegui dove?!?! CAZZO!!!!”
Davanti a lui tre corsie che si dipanano parallelamente in tre direzioni diverse lungo la stessa carreggiata. Una delle insidie delle grandi metropoli, di fronte alle quali l’uomo, anche armato dei navigatori delle migliori marche, non può nulla. Un po’ come scegliere a caso tra la uno, la due e la tre. Il romano doc, che ha la cartina della città stampata nel cervello, sa benissimo quale corsia prendere, ma l’incauto visitatore, che non conosce la città, può anche impazzire.
E infatti dopo la famosa mezz’ora di attesa squilla il mio cellulare. “Vieni tu! Raggiungimi al Colosseo!! AL COLOSSEO!!! FAI PRESTO! PRESTO!!!”
La Grande Anima non aveva retto al Grande Traffico.
Quando lo raggiungo, dopo 13 minuti di metropolitana, è in stato di evidente agitazione. Mai visto così. D’altra parte negli ultimi quattro anni si è abituato ai piccoli centri della Romagna.
Epilogo
Dovevamo restare un’altra notte, ma Marco decide di ripartire subito e mettere più chilometri possibile tra lui e il caos (in cui io invece sguazzo come un paperotto).
Il traffico di Roma, protagonista assoluto, meritava di essere raccontato senza deviazioni.
