Il senso del copy per Instagram.
In principio era il verbo
poi fu Instagram
e l’annosa questione,
pari al dubbio dell’uovo e della gallina,
sulla supremazia dell’immagine rispetto alle parole
non ebbe più tribunale.
Le foto hanno vinto.
Certo, puoi condirle con testini striminziti e font di fortuna,
puoi abbellire ombrelloni a quadri,
porzioni di cielo e gonne plissé
porzioni di cielo e gonne plissé
ma devi arrenderti.
Si fa prima a fotografar vittoria
che a scriver nike sulla sabbia.
Eppure, antitesi e rimedio,
quel quadrato angusto ospita sempre più
visioni da copywriter.
Uomini e donne che hanno votato tutti gli emisferi possibili
all’uso creativo e incondizionato della parola
capitolano dinnanzi all’evidenza,
immortalando scene che avrebbero narrato, forse meglio.
E mi torna in mente, come in un autoscatto con il flash,
la Descriptive Camera, quell’incredibile invenzione
che trasformava immagini in scontrini di frasi compiute.
che trasformava immagini in scontrini di frasi compiute.
Io ne vorrei, chiedendola a gran voce,
la sua versione app.
Inquadrare il mondo e poi vedermelo descritto
con le uniche parole che avrei deciso di usare
per dire di quell’immagine tutta lo scibile emotivo e razionale.
E poi scegliere, per eccesso di zelo, tra i filtri Salinger, Pasolini o Baricco
al posto del Nashville, Sierra e Mayfair.
Ma se ancora non esiste forse ci sarà un motivo.
Appena lo trovo, lo immortalo.
In uno scatto. Promesso.
