Immaginare che il copywriter si trasformi in writer.
Non di quelli che scrivono i libri, ma i muri. Un graffitaro. Mica per velleità streetartistiche. Per rivalsa. Per concedersi il piacere di evadere dalle celle monacali di norma riservate alle sue parole, mortificate nello spirito e soprattutto nel corpo, quando va di lusso ridotto all’otto, cioè praticamente all’osso.
Per poter fuggire dalla prigione degli ingombri grafici e diventare ingombrante. Per protesta. Per cercare di scalfire il muro di gomma su cui rimbalzano i desideri di chi vorrebbe, giustamente, sovvertire le regole della comunicazione. Per provare ad abbattere il muro che divide il “si può fare” dal “non lo faccio perché finora non è mai stato fatto”.
Per far sì che il body del bodycopy sia libero di ingrassare senza sentirsi rifiutato. Per lasciare, viceversa, che un’headline sia libera di dimagrire senza sentirsi dire che dietro la sua scelta c’è una componente patologica.
Per rovesciare le gerarchie. Per inscenare una provocazione utile a far capire che è il titolo a nascere dal testo e non il contrario.
Nel primo dei graffiti che farò scriverò PER.
